Marco Berardi, il Re della Sila

Nacque a Mangone da una famiglia agiata e in piena adolescenza si trasferì a San Sisto dei Valdesi, paese nel quale la famiglia possedeva dei terreni e ne seguiva la coltivazione.

Il passaggio da un ambiente così diverso dal suo non fu che da stimolo; le diversità culturali, il modo in cui si conduceva la vita, il linguaggio non fecero che incuriosire il giovane Marco tanto che in poco tempo divenne uno di loro e naturalmente si accostò alla religione valdese. Nel 1560 con l’arrivo di frate Valerio Malvicino a capo del tribunale della Santa Inquisizione, Marco si trovò coinvolto e denunciato, fu imprigionato e condannato ad essere torturato per poi essere bruciato vivo sulla piazza di Cosenza.

Riuscì ad evadere insieme a Pietro Cicala della nobile famiglia dei Cicala di Cosenza. Si rifugiò nelle montagne silane. Non molto tempo dopo si trovò a capo di un manipolo di fuoriusciti che avevano cercato anch’essi asilo dalle persecuzioni fra i boschi fitti e quasi impenetrabili. Marco Berardi venne travolto dal vortice della rivolta contro il potere civile e religioso e in molti accorsero ad ingrossare il suo esercito che poteva contare più di 1500 uomini, pronti a tentar tutto affinché gli invasori fossero cacciati dalle provincie calabresi e abbattuto il tribunale d’Inquisizione di Cosenza.

Le gesta di Marco si fecero sentire oltre i confini calabri e Filippo II indispettito dal fatto che un ribelle da quattro soldi riusciva a contendergli il dominio della Sila ordinò al Viceré di Napoli di scagliare contro il Berardi tutte le milizie a disposizione per farla finita una volta per tutte. Non riuscirono a catturarlo. Si combatté aspramente presso il fiume Neto e le milizie del re di Spagna furono disfatte.

Allora si ricorse ad altri mezzi per ottenere la sua cattura. Gli fu spedito contro l’esperto in battaglie Fabrizio Pignatelli, marchese di Cerchiara, che dette filo da torcere al nostro Marco ma, comunque, riuscì a resistere e fu chiamato in causa anche il tribunale d’Inquisizione che promise indulgenza plenaria a chi lo abbandonasse e fu questa la mossa vincente. Dopo poco molti lo abbandonarono e dovette sfuggire a mille agguati tesi dai vecchi compagni. Morì in solitudine con la sua fida compagna Giuditta di inedia e quando il suo corpo fu trovato, fu esposto a ludibrio della gente per ammonimento alle intenzioni di ribellione all’ordine costituito.

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Il piccolo borgo di Mangone che il 2 e il 3 Settembre ospiterà l’evento #Ricoglitive, che avrà come finalità quella di far ritornare gli emigrati all’estero nella propria terra natale.

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