Roghudi, il paese fantasma a strapiombo sull’Amendolea
Roghudi – il cui nome deriva dal greco“Rogòdes“, pieno di crepacci, o da “Rhekhodes“, che significa aspro – era sorto intorno al 1050 da alcuni gruppi di pastori nomadi che decisero di insediarsi e costruire le prime abitazioni.
Alle pendici meridionali dell’Aspromonte, il borgo è arroccato su uno sperone roccioso, ai piedi il fiume Amendolea che causò l’inagibilità dell’abitato dopo due violente alluvioni avvenute nell’ottobre del 1971 e nel gennaio del 1973 a seguito del quale gli abitanti di Roghudi furono costretti ad abbandonare il paese, popolando così i paesi limitrofi.
Per arrivare al borgo abbandonato non esistono strade asfaltate; dopo aver percorso la strada provinciale bisogna procedere per stradine accidentate e tortuose. Consigliamo a tal proposito la visita con guide locali ed esperte.
Il panorama è surreale, le case in pietra sono costruite sul precipizio ormai ricoperte da piante, fogliame e rovi. Tra i vicoli del borgo si cammina in silenzio, quasi a non voler disturbare la quiete che lo caratterizza.
In mezzo a tanti edifici in rovina spicca la chiesetta restaurata di San Nicola, umile luogo sacro all’interno, sul grazioso altare, è deposta una croce in legno e diverse immagini votive.
Visitare Roghudi è ritornare indietro nel tempo, un luogo affascinante non solo per quello che rappresenta ma anche per la posizione in cui è situato.
Camminare tra le viuzze di Roghudi ti permette di immaginare la quotidianità di chi visse all’ombra del Monte Cavallo ascoltando il suono di una natura che risultò poi avversa e nemica.
Foto di Cristina Marino
Consiglio: Per visitare Roghudi noi ci siamo rivolti alle guide ambientali di Aspromonte Wild, guide ambientali escursionistiche conoscitori di tutta l’area grecanica.
Periodo: periodo migliore aprile/maggio, essendo una zona completamente esposta al sole nei mesi più caldi è consigliata la visita nel tardo pomeriggio, in tempo utile per rientrare prima che faccia buio.
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